Red & Blue, Racconto completo

Racconto Red & Blue– Pillola rossa e pillola blu.
– Fa molto Matrix…
– Il nostro capo è un appassionato di fantascienza.
– Comunque, se ho capito bene, dovrebbe funzionare così: hai bisogno di affrontare un grave lutto, una delusione, o qualcosa che abbia destabilizzato la tua psiche, sprofondandoti nella depressione, nell’ansia, o nei sensi di colpa… e ti prendi la pillola rossa. Trascorri quelle due o tre settimane di apatia emotiva totale, rinchiuso in ospedale, o da qualche parte dove possano controllarti da vicino. Mangi, ti lavi, fai esercizio. Puoi perfino lavorare in smart working. Però non soffri. Passato un po’ di tempo, calcolato dall’equipe medica in base al grado di sofferenza ipotizzato, prendi la pillola blu. Ritornano i sentimenti e le emozioni, ma avendo trascorso la fase acuta sotto l’effetto della pillola rossa, puoi affrontare il mondo con più tranquillità e sicurezza. Ricordi tutto, ma, per così dire, il peggio è passato.
– Esatto, più o meno è così.
– Avete già fatto tutti i test, le sperimentazioni cliniche del caso e pubblicato i risultati. Per quale motivo avete deciso di rinviare la commercializzazione?
– Si… in realtà potremmo avviare la produzione oggi stesso e iniziare a distribuire a ospedali e farmacie. Però, seppur privo di effetti collaterali, il prodotto ha evidenziato delle criticità.
– Di natura clinica?
– No, giuridica.
– Cioè?
– Bé… un individuo privo di sentimenti, anche se per poco tempo e sotto controllo medico, può continuare ad essere considerato una persona?
– Intendi capace di intendere e di volere?
– Non è così semplice. In realtà tutte le sue funzioni cognitive sono attive. Può parlare, scrivere, ragionare, guidare, lavorare. Può fare qualsiasi cosa, tranne provare emozioni: è per questo motivo che il farmaco per noi andrebbe prescritto sotto controllo medico continuo e in una struttura apposita.

“Sensi di colpa…”, pensò l’intervistatore.
Si congedò salutando amichevolmente il ricercatore, suo vecchio compagno al liceo. Infilò la mano nella tasca destra dei pantaloni e controllò se quella manciata di pillole, sottratte furtivamente mentre l’altro gli mostrava dei grafici sul monitor, fossero ancora al loro posto. Ed erano ancora lì, naturalmente. “Bene,” disse tra se e se, mentre tra i suoi pensieri affioravano prepotentemente i volti delle persone che nel corso della sua vita l’avevano sottomesso e fatto soffrire, “È ora di farvela pagare…”.

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