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Davide Longo, Il caso Bramard

Con questo romanzo Davide Longo torna nel suo Piemonte, tra le colline e le montagne viste e vissute ne “Il mangiatore di pietre” e, marginalmente, ne “L’uomo verticale“, e lo fa raccontandoci la storia di un ex commissario, un uomo tormentato che abbandona la polizia dopo la tragedia subita per mano del serial killer al quale dava la caccia.
Rifugiatosi in un paese di montagna, Corso Bramard mette a frutto i suoi studi facendo l’insegnate part time in una scuola superiore, mentre trascina la sua esistenza in una dimensione bucolica e priva di modernità e tecnologia, imponendosi sofferte e rischiose arrampicate notturne. Una vita austera dove regnano solitudine e silenzio.
Fino a quando il suo antagonista si materializza nuovamente con una lettera misteriosa, l’ultima di una lunga serie di missive scritte con un’Olivetti del 72, che a differenza delle altre volte contiene un indizio. Un invito a riprendere le indagini che Corso Bramard non può lasciarsi sfuggire.
Corso Bramard è il solito personaggio al quale Davide Longo ci ha ormai abituati: un orso introverso e di poche parole e poche pretese, allo stesso tempo ruvido e sentimentale. Un alter ego dello scrittore, verrebbe da dire. La vicenda si svolge, come detto, tra le colline piemontesi, i quartieri bene di Torino e il villaggio silenzioso nel quale il protagonista si è rifugiato. Parallelamente, in un’alternanza regolare di capitoli, vengono svelati origine e intenti del misterioso serial killer.
A fare da contorno alla storia troviamo un commissario un po’ macchietta, una poliziotta emarginata che ricalca la Lisbeth Salander di “Uomini che odiano le donne” di Stieg Larsson, potenti famiglie dalle strane abitudini e i soliti montanari burberi e dai modi spicci che Longo ha raccontato in altri suoi scritti.
E la natura. Una natura vissuta, raccontata e sentita, fatta di descrizioni che somigliano a piccole istantanee, di rumori e silenzi che Davide Longo sa farti sentire come pochi altri.
Un buona buona lettura, non c’è altro da aggiungere.

Davide Longo – L’Uomo Verticale

Gran bel romanzo questo L’Uomo Verticale di Davide Longo, giovane scrittore italiano che – devo ammetterlo – non avevo mai sentito nominare, e di cui sono venuto a conoscenza grazie a una breve recensione pubblicata da Giuseppe Genna nel suo Blog.
L’Uomo Verticale somiglia a una sorta di prequel italico de La Strada, il capolavoro apocalittico scritto da Cormac McCarthy. Anche qui non si capisce quale catastrofe o quale sconvolgimento politico o sociale abbia fatto precipitare gli eventi, chi o che cosa abbiano condotto l’Italia a diventare una terra in preda alla barbarie, alla disperazione e al degrado. Qualcosa si intuisce, ma da’altra parte come in La Strada, non è importante cosa sia successo prima, ma come abbiano reagito dopo i personaggi sui quali è costruita la storia.
Il protagonista del romanzo è uno scrittore e docente universitario, una persona mite la cui esistenza è stata macchiata da uno scandalo che ha distrutto la sua famiglia. Dopo alcuni anni passati in solitudine nel suo piccolo paese d’origine, Leonardo, antieroe per antonomasia, si troverà ad affrontare situazioni terribili. Ritroverà una figlia dalla quale si era allontanato anni prima, e dovrà cercare di proteggere lei e il suo ambiguo fratellastro preadolescente, costretti ad affrontare situazioni di violenza estrema, in una escalation continua che accompagnerà il lettore verso un finale poetico e commuovente.
Se La Strada di McCarthy è un capolavoro, e lo è, L’Uomo Verticale di Davide Longo è un piccolo/grande gioiello della narrativa italiana contemporanea, al quale auguro un meritato successo internazionale.

Bellissimo.

Aggiornamento
Il successo internazionale alla fine è arrivato. Sono infatti disponibili su Amazon le edizioni Inglese (Last Man Standing), Francese (L’homme vertical:Traduit de l’italien par Dominique Vittoz (La cosmopolite)) e tedesca (Der aufrechte Mann) de “L’uomo verticale”. Sono stato un buon profeta.