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Tommaso Pincio – Cinacittà

Per la prima volta vengo colto dal “blocco del recensore”. Arrivato all’ultima pagina di Cinacittà mi trovo nella sgradevole situazione di non riuscire a capire se ho avuto ad che fare con una buona lettura o con qualcosa di facilmente dimenticabile.
Ci ho messo un po’ di tempo prima di decidermi ad acquistare questo libro. La storia mi sembrava poco interessante. Mi importa poco della Roma del prossimo futuro, riarsa da un sole infuocato e invasa dai cinesi. Non amo le storie che parlano di omicidi passionali. E se vogliamo dirla tutta, anche il titolo non mi piaceva per niente.
L’unico motivo per cui mi sono deciso a leggere l’ultima fatica di Tommaso Pincio è che, appunto, è di Tommaso Pincio, l’autore di uno dei pochi capolavori che la narrativa italiana sia riuscita a produrre in questo inizio di secolo, il bellissimo Un amore dell’altro mondo.
Con Cinacittà siamo sui livelli di La ragazza che non era lei, quest’ultimo forse un tantino più originale.
Ciò che più mi piace di Tommaso Pincio è il suo stile di scrittura: semplice, lineare, poco auto celebrativo, ironico. Sembra di leggere Kurt Vonneghut, più che Thomas Pynchon.
E’ facile intuire che molte pagine del libro hanno un’origine autobiografica. Se così fosse, la biografia di Pincio e simile a quella di molti giovani italiani: intellettualmente dotati ma privi di stimoli. Sognatori ai margini di una società dove altre qualità rendono una persona interessante: l’aspetto fisico, la ricchezza, il carisma, la popolarità.
Tommaso Pincio è riuscito a emergere, a venirne fuori. Ma quanti sono, quanti siamo, quelli rassegnati, quelli che non ce l’hanno fatta?

Addio Kurt

Alla velocità della luce, nei panni di Kilgore Trout, finalmente raggiungerai il pianeta Trafalmadore, dimenticherai gli orrori di Dresda, farai un salto cosmico su Titano e ti lascerai cullare dal canto delle Sirene…
Dimenticherai i momenti drammatici, il suicidio di tua madre, la depressione di tuo padre. Il cancro di tua sorella e la morte di tuo cognato, poche ore prima, sul treno maledetto.
E riderai, riderai di cuore.
Perché l’umorismo, nonostante tutto, non ti ha mai abbandonato.
Lascerai a noi, che ti abbiamo amato, la tua poesia, la tua prosa, il tuo genio.
Non ho fatto in tempo a leggere tutta la tua opera. Ma non dimenticherò mai “Le Sirene di Titano”, “Madre Notte”, “Ghiaccio Nove”, “Galapagos”, “Barbablu”, “Il Grande Tiratore”. E “Mattatoio N. 5”.
Ricordo un tuo consiglio: “Fate l’amore ogni volta che potete. Fa bene”.
Parole sagge.
Ieri è morto Kurt Vonnegut.
Addio.