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Juventus: non aspettiamoci i fuoriclasse…

RiberyInutili, totalmente inutili, le lamentele di molti, troppi tifosi Juventini i quali, prima ancora di bocciare le prime mosse della nuova dirigenza bianconera riguardo le strategie di mercato, dovrebbero affidarsi a un po’ di sano realismo (vedi articolo precedente).

Dimentichiamo nomi altisonanti e pezzi da novanta. E smettiamo di dire in continuazione “Non è un giocatore da Juve”. In questo momento i giocatori da Juve sono i Palombo, i Pazzini, i Bonucci (e sarebbe già grasso che cola) e qualche altro straniero di seconda fascia.

I pezzi da novanta non vanno a giocare l’Europa League, e non vanno a prendere 3,5 € di ingaggio.

Quando anche un “normale” Krasic (che sarebbe un buon sostituto di Nedved) dice che se dovesse cambiare squadra vorrà comunque giocare la Champions, mettiamoci il cuore in pace e dimentichiamo i Riberì, i Robben, Fabregas… ma anche Dzeko, Benzema.

Ed anche pretendere di arrivare a qualche giovane di belle speranze, alla Di Maria per intenderci, sarà molto, troppo difficile avendo alle porte un mondiale di calcio che farà inevitabilmente lievitare i prezzi di quelli che riusciranno a far vedere qualcosa di buono.

Sarebbe da pazzi infatti cedere ora un giovane talentuoso di 22 anni, sapendo che se dovesse comportarsi bene al mondiale (e magari far parte della compagine vincente), vedrebbe crescere a dismisura il suo valore di mercato.

Mettiamoci il cuore in pace.

Facchetti: gli sciacalli della memoria

Giacinto FacchettiSciacallaggio al contrario, o di riflesso. Ecco di cosa si tratta. Mettendo un attimo da parte le esternazioni quotidiane di Gianfelice Facchetti, che in quanto figlio del compianto Giacinto gli si può perdonare la mancanza di senso della misura (sarebbe utile capire chi sono i “quattro barboni” che attaccano il ricordo del padre), ritengo vergognose e immorali le esternazioni quotidiane in difesa della memoria del celebre presidente dell’Inter, scomparso poco dopo i fatti di Calciopoli.
Tutti pronti a gridare “Giù le mani da Facchetti”. Tutti pronti a sparare raffiche di “sciacalli” al vento. Ma i veri sciacalli sono loro. Nessuno, NESSUNO, di quelli che in questi giorni stanno esaminando e commentando le intercettazioni telefoniche scovate dalla difesa di Moggi (buona parte delle quali vedono proprio Facchetti quale interlocutore di designatori vari), si è mai sognato di dire che Facchetti era un farabutto, o un poco di buono, o un disonesto, per chiamare le cose con il proprio nome.
Tutti, da Moggi all’ultimo dei tifosi Juventini, sono concordi nel dire che Facchetti era un galantuomo. E’ la premessa standard di qualsiasi discorso che abbia a che fare con i fatti di Calciopoli 2. Oltre che una verità storica è diventato quasi un luogo comune. Facchetti era un galantuomo. Siamo tutti d’accordo. Punto. Che bisogno c’è di difenderne la memoria a spada tratta o di cecchinare in continuazione qualsiasi commentatore si permetta soltanto di pronunciare il suo nome?
E’ una forma di difesa isterica, diciamolo, una coda tra le gambe che non riesce a rimanere ferma.
Un muro dietro il quale nascondersi.
E questo è vero sciacallaggio. Difendetevi con argomenti validi, non nascondendovi dietro una bara. Lasciate in pace i defunti, nessuno li accusa. Cercate di difendere, se ci riuscite, le vostre azioni e le vostre responsabilità. Il vostro definirvi paladini degli onesti.
Il Re è nudo. E vivo. Difendete quello.

La sesta mafia al mondo

mafiaIl Signor B. , in una conferenza stampa di qualche giorno fa, ha tirato fuori questa statistica: la nostra mafia sarebbe “la sesta al mondo”.
Tuttavia a livello di visibilità appare come la prima, per colpa del serial “La Piovra” (trasmesso in 160 paesi… ma esistono sulla Terra 160 paesi che trasmettono programmi televisivi?) e di Gomorra di Roberto Saviano. Questo sintetizzando (ma non è che il B. abbia poi aggiunto molti altri dettagli).
Ora, io mi domando questo: in base a quale statistica la mafia italiana è la sesta al mondo? In base al fatturato? Al numero di affiliati? Al numero di stati in cui opera? Oppure in base al numero di senatori e onorevoli associati? O forse, peggio, in base al numero di magistrati, poliziotti e giornalisti uccisi?
E poi, per mafia si intende la mafia siciliana, oppure mafia + camorra + ndrangheta + sacra corona unita? E le altre cinque che ci precedono quali sarebbero? Provo a ipotizzare: Triadi cinesi, Yakuza, Mafia Albanese/Kossovara/Montenegrina, Mafia Russa… Mafia Messicana (esiste?), Mafia Newyorkese (ma non è parente della nostra? E poi, non l’hanno sgominata?).
Mah, ho come l’impressione che il nostro B. l’abbia sparata grossa.
Fosse la prima volta…

Un nuovo argomento per questo blog: la Juventus

JuventusMytom.it ha subito in pochi anni diverse trasformazioni. Nato inizialmente come sito dedicato a sfondi e temi per cellulari windows mobile, è diventato successivamente un sito di news sulla telefonia, poi sulla teconologia, poi di opinioni. Fino alla trasformazione completa in blog dedicato a “tecnologia, letture, opinioni”. Dopo ogni trasformazione ho perso un certo numero di utenti, che ormai raggiungono a stento i 100 unici giornalieri (visitatori provenienti da google che, tra l’altro, solitamente finiscono nelle vecchie pagine del sito). Un disastro, se si considera che meno di due anni fa viaggiavo alla media di 800 unici al giorno.
Bene, dopo questa noiosa premessa (chissà quanti altri utenti nel frattempo avrò perso definitivamente…), vengo al nocciolo della questione: a “tecnologia, letture, opinioni” aggiungerò “Juventus”.
Ebbene si, sono anch’io, come qualche altro milione di tifosi di calcio, uno Juventino frustrato. Uno di quelli che sopportò con rassegnazione le decisioni della giustizia sportiva scaturite dai fatti di Calciopoli. Uni quelli, pochi a dire il vero, che ritennero opportuno non contestare le “motivazioni” relative alle sanzioni comminate nei confronti della Vecchia Signora.
Uno di quelli che, a seguito di tutto quello che sta emergendo in questi giorni, hanno avuto modo di ricredersi e dare, in parte, ragione agli altri. Quelli che battezzarono quello scandalo “Farsopoli”.
D’ora in avanti i post relativi alla Juventus, Calciopoli/Farsopoli e calcio in generale compariranno con sempre maggior frequenza all’interno di questo Blog.
E pazienza se perderò qualche altra decina di utenti.
Tanto peggio di così…

…Potrebbe trattarsi di una Escort

Bastano alcuni tatuaggi, seno rifatto e bell’aspetto per fare di una donna una presunta escort.
Un po’ tutti, giornali e telegiornali, hanno formulato questa ipotesi: che il cadavere della donna rinvenuta nel Lago di Como (“Vicino alla villa di Clooney!”, alludendo a chissà quale possibile coinvolgimento), appartenesse ad una Escort. Non si dice più prostituta, si dice Escort. Ovvio: se una donna si fa fare un tatuaggio, è di bell’aspetto e addirittura decide di rifarsi il seno, bè, è normale ipotizzare si tratti una donna di facili costumi. Ma non di quelle “normali”, che tutti chiamano prostitute o puttane o peggio. No, “Potrebbe trattarsi di un Escort”.
Perché?
Par quale cavolo di motivo?
Vi rendete conto con che giornalisti abbiamo a che fare?

Creazione di un sito web: metodi di lavoro alternativi

Questo non è un articolo tecnico. I metodi di lavoro alternativi evidenziati nel titolo si riferiscono all’interazione cliente/web master che portano alla realizzazione di un sito.
L’esperienza che ho maturato nella creazione di siti web mi consente di indicare, tra i tanti, due principali metodi di lavoro, alternativi l’uno rispetto all’altro, che devono essere esposti al cliente prima di iniziare qualsiasi tipo di progetto.

Metodo n. 1: Carta bianca al Web master
Questo è il mio metodo di lavoro preferito e, al contempo, il più economico per il cliente. In sostanza, chiedo al cliente quali sono le sue esigenze, le sue preferenze in fatto di grafica e contenuti, la data approssimativa di pubblicazione del sito e qualche altro dettaglio secondario. Ottenute le risposte creo una bozza – solitamente solo grafica, utilizzando Fireworks – e la mostro al cliente, al quale consento di intervenire e suggerire tutte le modifiche che vuole (d’altra parte è lui che paga). Dopodiché inizio la realizzazione delle pagine web, e una volta completate, consegno il sito chiavi in mano al cliente, che può suggerire ancora qualche modifica, ma al quale non è consentito di stravolgere il tutto senza ulteriore esborso monetario.

Metodo n. 2: Interazione continua con il cliente
Questo metodo è decisamente più costoso. Per il cliente, che dovrà pagare cifre più alte. Lo è anche per me: dovrò impiegare più tempo; dovrò dormire meno la notte; dovrò sacrificare domeniche e festività e spendere cifre considerevoli in medicinali per il fegato, la bile e lo stomaco.
Per le suddette ragioni non propongo questo metodo di lavoro al cliente, ma è il cliente che lo richiede. Inizia anche questo con una presentazione grafica del sito, che normalmente viene approvata dopo 20/25 rivisitazioni. Dopodiché prosegue con la realizzazione del sito pagina per pagina, sotto il controllo diretto del cliente che normalmente mi fa realizzare l’80% del lavoro, salvo poi farti tornare indietro per farmi rifare tutto da capo. Questo ciclo può ripetersi un numero indefinito di volte, soprattutto se il cliente non ha pagato un acconto (in questo caso o è un mio amico, e non è detto che rimanga tale a lavoro ultimato, o non ero sufficientemente lucido quando ho accettato di iniziare a lavorare senza vedere soldi).
Alla fine, trascorso un periodo triplo o quadruplo rispetto al primo metodo, sopraffatti dalla stanchezza ci si accorda con il solito compromesso sbilanciato a favore del cliente e il sito viene pubblicato.

Ovviamente può capitare che l’interazione tra cliente e web master porti a risultati migliori in tempi ragionevoli e senza particolari problemi (soprattutto alla cistifellea), ma, lo dico per esperienza diretta, si tratta di casi più unici che rari… o più insistenti che unici.

Windows 7: quel cerchietto che gira, che gira…

Windows 7, siamo alle solite...

Windows 7, siamo alle solite...

Dopo quasi tre anni di onorato servizio, il mio fido notebook HP Pavillion con monitor da 17” ha tirato le cuoia. Vani sono stati i tentativi di rianimazione. Semplicemente, si è spento.
A causare la tragedia è stato quel maledetto alimentatore universale da mezzo chilo, che a causa di qualche forza misteriosa (uno spiffero, un calcetto, un fenomeno magnetico, il pavimento non in piano) ho trovato con il selettore della tensione spostato di una tacca, col risultato che per tutta una notte ha alimentato il notebook a 21 V. anziché a 20.
Dopo essermene fatto una ragione, e senza aver trovato un capro espiatorio sul quale riversare la mia frustrazione, decido di correre ai ripari nel modo più scontato e banale: spendendo dei soldi per comprare un nuovo computer portatile.
Mi reco all’ipermercato più vicino e valuto un po’ di offerte. La mia attenzione viene catturata da un Packard Bell da 599,00 €, esteticamente abbastanza orribile ma dai contenuti tecnici interessanti e in linea con il mio budget. In particolare, il notebook in questione è dotato nel nuovo processore Intel Core I3 M330. Non conoscendo ancora la frequenza operativa della CPU (abbiate pazienza, è uscita da poco e ho un po’ di letture arretrate), non riportata nel cartellino, chiedo lumi all’addetto alla vendita.
– Salve, mi interessa quel Pakard Bell, mi saprebbe dire la frequenza del processore
– 64 Bit
!?!
– No, la frequenza … megahertz …
– GIGAHERZ! -, esclama – Ora non me la ricordo, vado a vedere, e comunque la frequenza è un’altra cosa -, dice, con aria da stronzo.
– No, mi scusi, la frequenza quella è, si esprime in Hertz… 64 bit è l’indirizzamento…
Ma ormai non mi stava più ascoltando. Certe volte gli operatori di vendita informatici ti fanno proprio incazzare.
Comunque, nonostante l’istintiva antipatia reciproca, vengo a sapere che il processore viaggia a 1,7 Ghz per due core, cifra poi rettificata a 2,13 (dopo che, tanto per rompere i coglioni, sono andato a comprare una rivista che recensiva proprio i processori Core I3, togliendomi la soddisfazione di far leggere al commesso la cifra esatta nella colonna FREQUENZA…).
Insomma il notebook valeva qualcosa, ma era l’ultimo modello disponibile. Altra soddisfazione: gli dico di tenerselo. Un notebook già aperto che il giorno dopo avrebbero svenduto a 100 € in meno in quanto ultimo pezzo non mi interessa.
Cambio ipermercato.
Per non farla lunga vengo subito al sodo: trovo in vendita un Asus con core I3 M350, quindi un po’ più veloce del packard bell; scheda video ATI 5mila-e-qualcosa con memoria dedicata da 1 GB; 4 GB ram; HD un po’ sottodimensionato da 320 GB; Windows 7 64 Bit. Prezzo 649,00 €.
Lo prendo (anche in questo caso il commesso fa un po’ il figo, ma lasciamo stare…).
Insomma, per farla breve, una volta a casa faccio tutta la procedura di installazione, installo gli aggiornamenti vari, riverso un po’ di file estratti da vecchi backup, programmi, immagini e quant’altro… e alla fine, alla prova dei fatti, quando clicco con il tasto destro del mouse sullo sfondo del desktop che succede? Che il cerchietto blu inizia a girare… Soltanto per aver richiesto l’apertura di un banale sottomenù!!!
Ma è possibile! E dire che Windows 7 doveva essere più scattante, veloce, nuovo. Siamo alle solite invece. Qualsiasi cosa faccia, il cerchietto blu si mette a girare, come su windows vista, come nei vecchi computer con XP (in quelli lenti, per lo meno) con la clessidra sempre in movimento.
Poi sa Seattle si chiedono perché i computer con la mela piacciono di più…

Tornare ai Videogames a 36 anni

PS3 Slim

PS3 Slim

La mia generazione ha visto nascere il fenomeno Videogames. Ho iniziato a frequentare le sale giochi in tenera età, accompagnato da mio padre. Introducevo le monete da 100 o 200 lire, o i gettoni, e mi immergevo in quei giochi che i miei coetanei sicuramente ricordano: Space Invaders, Pacman, Snake, Poleposition.
Ho assistito attivamente alla nascita del fenomeno home computer. Gli home computer erano quelle macchine che i genitori regalavano ai propri figli “per studiare”. Allora si diceva così, ma in che modo gli home computer potessero essere utilizzati “per studiare”, in assenza di internet e di software apposito, nessuno l’ha mai capito. In realtà qualcuno, tra i quali il sottoscritto, alla fine il computer lo usava davvero per crearci qualcosa di utile a livello didattico. A 12 anni programmai in MSX-BASIC (sono uno dei rari freack a NON aver avuto un commodore 64 o uno ZX Spectrum) un software con “dentro” tutte le formule della geometria solida che un bambino di 12 anni poteva conoscere. Per il resto, decine di cassette (quali CD?, quali Floppy?) con dentro intere compilation di videogames. Il 3D ancora non esisteva, se non in fase embrionale. Qualcosa di simile al 3D erano la grafica “isometrica” e quella “vettoriale”. I giochi erano fatti di sprite, ed erano molto simili a quelli dei primi cellulari java, quando erano fatti bene.
Compiuti i 15 anni, per uno strano gioco del destino, persi interesse nell’informatica (proprio quando iniziavano ad affermarsi le interfacce grafiche, i processori multi task e i colori visualizzabili non erano più soltanto 16, 64 o, per pochi fortunati, 256) e spostai la mia attenzione verso “altre cose”…
Per quanto mi riguarda il capitolo Videogames era quasi del tutto chiuso. Ogni tanto accendevo il Sega Master System o il Game Gear, ma l’adolescenza era andata via del tutto e così mi ritrovai negli anni 90 con la passione per l’informatica che si faceva nuovamente sentire.
A 20 anni comprai il mio primo PC, un 486 sx della packar bell con scheda grafica integrata della cirrus logic. Non disdegnavo qualche partita con questo o quel videogame rigorosamente piratato, ma non si trattava di passione vera e propria. Un passatempo e niente più. Fino a che non mi capitò Doom tra le mani. Doom non era un videogioco, era un’esperienza. Per un po’ la passione si riaccese, toccando l’apice con i vari Tomb Raider, Max Payne e War Games Assortiti, fino ad affievolirsi e sparire del tutto nei primi anni dello scorso decennio.
Nel frattempo l’informatica era diventata il mio lavoro. Nella mia lista delle passioni preferite internet e cellulari avevano preso il posto dei videogames. Di conseguenza i computer super pompati con scheda grafica ultra potente e overclock vari vennero sostituiti da innocui notebook da lavoro.
All’uscita della Playstation 3 pensai che se mai avessi deciso di spendere un po’ del mio tempo con i videogames, quella sarebbe stata la mia console… Tuttavia lasciare passare del tempo. La mia vita privata era, ed è, piena di altre priorità.
L’anno scorso compro un televisione full HD, l’impianto Dolby DTS già ce l’avevo, ed entro nel modo dell’alta definizione grazie a Sky (sottoscrivo tra l’altro il servizio my sky). L’HD riesce a entusiasmarmi. Penso che anche i videogames in full hd devono essere qualcosa di spettacolare. Un parente mi fa giocare alcune partite con una Xbox 360 e, siamo a natale 2009, mio figlio vede in un ipermercato il gioco Wall-e per PS3 in offerta. Babbo mi compri quello?
E così mi ritrovo con una playstation 3 slim collegata al resto del mio impianto multimediale. E mi ritrovo a passare ore a uccidere nemici (virtualmente parlando, ovvio) risolvere enigmi e immergermi in quelle sempre più coinvolgenti realtà virtuali.
A 36 anni.
Che c’è di male?

Jon Ronson – L’Uomo che fissa le capre

Reso celebre grazie al film che ne è stato tratto, con protagonista George Clooney, il saggio/romanzo L’Uomo che fissa le capre, del giornalista e documentarista Jon Ronson fa luce su un particolare aspetto dell’imperialismo americano: l’influenza nelle alte gerarchie militari delle ideologie New Age.

Prima di leggere questo libro non sapevo quanto fossero diffuse negli usa le dottrine New Age. Parliamo di milioni di persone che credono negli alieni, nella telepatia, negli spiriti guida…

Milioni di persone che si fanno abbindolare, il più delle volte, da truffatori pronti a tutto, soprattutto a svuotargli le tasche o ad approfittarne sessualmente. Altre volte si tratta nientemeno che di pazzi scatenati che per qualche arcano motivo riescono a passare per santoni illuminati.

Il fenomeno è talmente diffuso che perfino alti ufficiali dell’esercito e funzionari della Cia ci sono cascati a piè pari, credendo di poter mantenere la supremazia imperialista degli Stati Uniti d’America grazie anche a maghi e ciarlatani.

Lettura interessante e divertente, perfino spassosa in alcuni capitoli. Certo, niente a che vedere con le opere di Michael Morre, al quale Ronson in qualche modo sembra ispirarsi. Ma vale la pena arrivare fino all’ultima pagina e, dopo esserci fatti qualche sana risata, riflettere  su quale razza di idioti pretendono di governare il mondo. A quel punto smettiamo di ridere…

L’iPhone ti cambia la vita

iPhone 3GS

iPhone 3GS

Non sono un fan boy, lo dico subito. Ho da poco compiuto 36 anni, tengo famiglia con prole, lavoro sodo e sono un pragmatico.
Di conseguenza, quando le sparo grosse come nel titolo, lo faccio con cognizione di causa. L’iPhone, letteralmente, ti cambia la vita… tecnologicamente parlando.
Lo uso ormai da alcuni mesi (3GS da 16 GB), e con profitto. Ho avuto diversi cellulari evoluti: Windws Mobile, Symbian e UIQ. Con o senza wi-fi, tutti più o meno multimediali, tutti sfruttati intensamente e pesantemente personalizzati.
Cellulari, smarthphone o PDA phone, che ho usato per lavorare, divertirmi e comunicare.
Ma l’iPhone è un’altra cosa. Migliaia di software disponibili, di tutti i tipi. Molti in italiano, tantissimi gratuiti, la maggior parte con un costo d’acquisto risibile.
Scaricare questi software e tenerli aggiornati è di una banalità sorprendente, grazie all’app store di Apple (e tutti gli altri produttori a corrergli dietro).
Il Wi-Fi funziona a meraviglia e la navigazione in internet è realmente una “navigazione in internet”. l’abbonamento con il quale l’ho acquistato mi permette comunque di accedere ai siti che mi interessano senza costi esorbitanti in bolletta. Senza contare il fatto che molti siti sono comunque ottimizzati per iPhone, e quindi il consumo di banda è davvero ridotto.
L’integrazione con iTunes è perfetta. Quando collego l’iPhone, miracolo, il dispositivo viene riconosciuto, si attiva tutto quello che si deve attivare e fine della storia. Niente di tremendamente macchinoso come per gli altri cellulari (configurare le com, verificare la porta usb…).
Nessun manuale da consultare. Semplicemente, l’iPhone impari a usarlo… usandolo.
Ci sono anche i difetti, è vero. Multitask inesistente, sensore fotografico poco performante, bluetooth bloccato, costo esorbitante…
Ma chi se ne frega, il beneficio ottenuto grazie a tutto il resto supera di gran lunga i pochi disagi che dobbiamo sopportare.
Ho molta fiducia nello sviluppo dei dispositivi Android. Loro probabilmente diventeranno gli iPhone del futuro. Ma non è detto. Apple può permettersi un modello nuovo all’anno, e secondo me stanno centellinando le novità. Quando inizieranno a sentire il fiato sul collo da parte di qualche concorrente, gli basterà pigiare il piede sull’acceleratore. E, salvo improbabili suicidi tecnico/societari, continueranno a rimanere i numeri uno.