Matthew Dicks, L’amico immaginario

Comprai questo libro qualche anno fa, appena uscito. Non ne avevo mai sentito parlare, ma l’avevano esposto nel reparto novità/best seller, reparto che passo in rassegna ogni volta che mi trovo in libreria. Difficilmente mi faccio catturare da tali proposte. Anch’io, con lo sguardo schifato come il Giacomino di Tre uomini e una gamba, normalmente mi sposto alla ricerca del mattone polacco minimalista di scrittore morto suicida giovanissimo, oppure nel reparto Fantascienza, o in quello Libri Strani. Quella volta invece la sinossi pubblicata nella quarta di copertina attirò la mia attenzione, e così comprai il libro, rifilandolo sadicamente a mia moglie, la quale lo divorò in tre giorni, nonostante le quasi 400 pagine di lunghezza. In teoria l’avrei dovuto leggere anch’io, ma tra una lettura arretrata e l’altra me ne dimenticai. Non solo, lo rimossi totalmente dalla mia memoria, al punto che mi sono ritrovato ad acquistarlo in formato ebook su Amazon (anche questa volta attirato dalla sinossi e dal costo di un paio di euro), senza di ricordarmi di averlo a disposizione nella versione cartacea.
Non ho la più pallida idea di chi sia l’autore, tale Matthew Dicks, per il quale non esiste una pagina dedicata su wikipedia, ne in italiano ne in inglese. Allo stato attuale, so soltanto che è il giovane insegnante autore di questo libro.
Un bel libro, lo dico subito. Non certo un capolavoro, e neanche il massimo dell’originalità, ma comunque una buona lettura. Perché non lo ritengo originale? Perché si da il caso che qualche anno fa abbia letto “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon: storia di un bambino autistico affetto dalla sindrome di Asperger, che si trova ad affrontare una complessa indagine, nonostante i limiti imposti dalla sua malattia, ma che riuscirà a risolvere grazie alle sue incredibili qualità mnemoniche e matematiche.
L’amico immaginario è per certi versi simile, ma il protagonista narrante non è il bambino autistico, bensì il suo amico immaginario di nome Budo.
Ora, o è un caso, oppure Budo deve qualcosa a Boda, amico immaginario d’infanzia di Kurt Cobain, al quale curiosamente indirizza la lettera che scrive prima di suicidarsi. E lo stesso Boda immaginato dal leader dei Nirvana è protagonista e voce narrante del capolavoro di Tommaso Pincio “Un amore dell’altro mondo”.
Coincidenze, forse.
Budo è l’amico immaginario di Max, bambino affetto da autismo ad alto funzionamento, un bambino apparentemente uguale a tutti gli altri (per il padre è soltanto “un po’ lento”, convinzione che lo porta a scontrarsi con la moglie, madre premurosa e perfettamente consapevole dei problemi del figlio), ma con alcune delle limitazioni tipiche dei disturbi dello spettro autistico: goffaggine, manie e fobie, incredibile capacità di concentrazione, problemi nell’interazione col prossimo, comportamenti stereotipati, impossibilità di comprendere l’umorismo, le frasi fatte, le metafore, tendenza a chiudersi in se stessi e rifugiarsi in una realtà interiore. Di questa realtà fa parte Budo, del tutto simile a un bambino normale, che non può essere visto dalle altre persone, ma che può comunicare e interagire con gli altri amici immaginari, quelli che un po’ tutti i bambini si costruiscono (immaginandoli in fattezze perlopiù bizzarre) e che presto abbandonano, condannandoli a “sparire” non appena si rendono conto che si tratta di un prodotto della loro fantasia.
Budo, da questo punto di vista, è un’eccezione, perché molto più longevo e definito, e molto intelligente per giunta. Non solo, Budo è relativamente autonomo, e questa sua caratteristica, unità alla sua innata curiosità, lo porta spesso ad allontanarsi da Max, in brevi scorribande che lo vededo attento osservatore dei luoghi e delle persone che ruotano intorno al suo “immaginante”.
Budo sa bene che prima o poi Max smetterà di immaginarlo, e ciò lo rende molto “umano” nella sua voglia di vivere, seppur in un mondo col quale non può interagire. Ma queste sue angosce vengono messe da parte da un fatto terribile. Max viene rapito, e Budo non riesce a seguirlo. Cercherà in tutti modi di trovarlo e, limitatamente alla sua condizione di essere immaginario, proverà ad aiutarlo a mettersi in salvo. Ci riuscirà?
Libro che si legge tutto d’un fiato, scritto e tradotto bene, e che vedrei bene come soggetto di un film di Zemeckis. Consigliato.

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