Archivio mensile:Febbraio 2015

Matthew Dicks, L’amico immaginario

Comprai questo libro qualche anno fa, appena uscito. Non ne avevo mai sentito parlare, ma l’avevano esposto nel reparto novità/best seller, reparto che passo in rassegna ogni volta che mi trovo in libreria. Difficilmente mi faccio catturare da tali proposte. Anch’io, con lo sguardo schifato come il Giacomino di Tre uomini e una gamba, normalmente mi sposto alla ricerca del mattone polacco minimalista di scrittore morto suicida giovanissimo, oppure nel reparto Fantascienza, o in quello Libri Strani. Quella volta invece la sinossi pubblicata nella quarta di copertina attirò la mia attenzione, e così comprai il libro, rifilandolo sadicamente a mia moglie, la quale lo divorò in tre giorni, nonostante le quasi 400 pagine di lunghezza. In teoria l’avrei dovuto leggere anch’io, ma tra una lettura arretrata e l’altra me ne dimenticai. Non solo, lo rimossi totalmente dalla mia memoria, al punto che mi sono ritrovato ad acquistarlo in formato ebook su Amazon (anche questa volta attirato dalla sinossi e dal costo di un paio di euro), senza di ricordarmi di averlo a disposizione nella versione cartacea.
Non ho la più pallida idea di chi sia l’autore, tale Matthew Dicks, per il quale non esiste una pagina dedicata su wikipedia, ne in italiano ne in inglese. Allo stato attuale, so soltanto che è il giovane insegnante autore di questo libro.
Un bel libro, lo dico subito. Non certo un capolavoro, e neanche il massimo dell’originalità, ma comunque una buona lettura. Perché non lo ritengo originale? Perché si da il caso che qualche anno fa abbia letto “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon: storia di un bambino autistico affetto dalla sindrome di Asperger, che si trova ad affrontare una complessa indagine, nonostante i limiti imposti dalla sua malattia, ma che riuscirà a risolvere grazie alle sue incredibili qualità mnemoniche e matematiche.
L’amico immaginario è per certi versi simile, ma il protagonista narrante non è il bambino autistico, bensì il suo amico immaginario di nome Budo.
Ora, o è un caso, oppure Budo deve qualcosa a Boda, amico immaginario d’infanzia di Kurt Cobain, al quale curiosamente indirizza la lettera che scrive prima di suicidarsi. E lo stesso Boda immaginato dal leader dei Nirvana è protagonista e voce narrante del capolavoro di Tommaso Pincio “Un amore dell’altro mondo”.
Coincidenze, forse.
Budo è l’amico immaginario di Max, bambino affetto da autismo ad alto funzionamento, un bambino apparentemente uguale a tutti gli altri (per il padre è soltanto “un po’ lento”, convinzione che lo porta a scontrarsi con la moglie, madre premurosa e perfettamente consapevole dei problemi del figlio), ma con alcune delle limitazioni tipiche dei disturbi dello spettro autistico: goffaggine, manie e fobie, incredibile capacità di concentrazione, problemi nell’interazione col prossimo, comportamenti stereotipati, impossibilità di comprendere l’umorismo, le frasi fatte, le metafore, tendenza a chiudersi in se stessi e rifugiarsi in una realtà interiore. Di questa realtà fa parte Budo, del tutto simile a un bambino normale, che non può essere visto dalle altre persone, ma che può comunicare e interagire con gli altri amici immaginari, quelli che un po’ tutti i bambini si costruiscono (immaginandoli in fattezze perlopiù bizzarre) e che presto abbandonano, condannandoli a “sparire” non appena si rendono conto che si tratta di un prodotto della loro fantasia.
Budo, da questo punto di vista, è un’eccezione, perché molto più longevo e definito, e molto intelligente per giunta. Non solo, Budo è relativamente autonomo, e questa sua caratteristica, unità alla sua innata curiosità, lo porta spesso ad allontanarsi da Max, in brevi scorribande che lo vededo attento osservatore dei luoghi e delle persone che ruotano intorno al suo “immaginante”.
Budo sa bene che prima o poi Max smetterà di immaginarlo, e ciò lo rende molto “umano” nella sua voglia di vivere, seppur in un mondo col quale non può interagire. Ma queste sue angosce vengono messe da parte da un fatto terribile. Max viene rapito, e Budo non riesce a seguirlo. Cercherà in tutti modi di trovarlo e, limitatamente alla sua condizione di essere immaginario, proverà ad aiutarlo a mettersi in salvo. Ci riuscirà?
Libro che si legge tutto d’un fiato, scritto e tradotto bene, e che vedrei bene come soggetto di un film di Zemeckis. Consigliato.

Nicola Skert, Hitorizumo

Provo una certa difficoltà a recensire questo romanzo. Primo: perché mi è capitato di scambiare qualche parola con Nicola Skert via Facebook, e questa seppur risicatissima conoscenza rischia di compromettere il mio giudizio (sono fatto così…). Secondo: perché ho fatto una gran fatica ad arrivare alla fine del romanzo, ma gli ultimi capitoli valgono da soli l’intera lettura. Terzo: perché l’idea alla base della storia è ottima, e alcune trovate sono davvero geniali. Purtroppo però devo dire che alcuni difetti (o quelli che io soggettivamente reputo tali) rischiano di rovinare il tutto.
E parliamo subito di questi difetti, che poi stringi stringi è uno soltanto: i dialoghi. Troppo innaturali, artificiosamente brillanti, ricchi di battute spiritose ma che non fanno ridere, che vorrebbero essere cinici o sarcastici, senza riuscirci, anzi, che sembrano presi dalle pubblicità alla TV per quanto paiono forzati.
Peccato, perché al netto di questo grave difetto (e di qualche refuso qua e la), il romanzo è scritto davvero bene, e molte descrizioni vengono rese in maniera magistrale, anche se la soglia tra il racconto e lo spiegone viene lambita in più di un’occasione (senza peraltro mai tracimare in infodump logorroici).
La storia: improvvisamente la Terra piomba nel buio. Un buio impenetrabile e apocalittico, per il quale non esiste apparentemente una spiegazione scientifica. Un’oscurità sinistramente preannunciata da misteriose ombre che furtivamente, senza mai rivelarsi del tutto, sfiorano il campo visivo dei protagonisti.
Presto l’umanità si troverà a combattere contro il gelo polare dovuto al brusco calo termico, la totale assenza di luce e energia, gli incendi, i fumi tossici e le bande di gente comune in preda al panico o, peggio, a una incontrollabile follia omicida.
Paolo, un giovane meteorologo accompagnato dal suo amico Mirco, cercherà di raggiungere sua moglie Angela e il loro figlio Giulio, barricati tra le mura domestiche insieme a Luca, un amico e vicino di casa reso psicologicamente instabile dall’improvvisa scomparsa della luce. Sarà un viaggio difficile, pericoloso e drammatico, ma dopo il ricongiungimento qualcosa cambierà…
Basta, il rischio di rovinare la sorpresa nel lettore che si appresta a leggere Hitorizumo è alta, pertanto mi limito a dire che la trama non è soltanto quella da me sommariamente riportata. È altro, molto altro.
Un romanzo da leggere, e soprattutto da finire. Fidatevi.

PS: In appendice al romanzo vengono riportati alcuni studi scientifici che sviluppano l’ipotesi alla base del racconto, ossia l’improvviso spegnimento (o oscuramento) del sole. Purtroppo non si tratta di articoli divulgativi, e alla seconda equazione ho iniziato a perdere il filo. Peccato, perché l’argomento è interessante, ma per come viene trattato sembra rivolto a studiosi e accademici, non a appassionati di narrativa fantastica.