Archivi categoria: Letture

Oliver Sacks, Allucinazioni

Divenuto un personaggio di fama internazionale grazie al libro Risvegli, dal quale è stato tratto il bellissimo film con Robert De Niro e Robin Williams, di questo celebre neurologo britannico avevo letto soltanto “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, interessante compendio di curiose situazioni clinico psichiatriche, dove si racconta come varie forme di patologie neurologiche determinino nei pazienti comportamenti bizzarri e singolari. Pazienti che vengono descritti dall’ottima mano di Oliver Sacks come dotati di un’umanità e un’intelligenza fuori dall’ordinario.
Sacks suddivide il saggio in 15 capitoli nei quali descrive le situazioni cliniche o fisiologiche per cui è possibile soffrire (o godere…) di vari stati allucinatori, mono o pluri-sensoriali. continua a leggere…

Emmanuel Carrère, Limonov

Fino ad ora avevo letto soltanto un altro libro di Emmanuel Carrère: la biografia semi-romanzata di Philip Dick “Io sono vivo e voi siete morti”. Quel libro mi è rimasto nel cuore, e pur non avendolo più preso in mano, di tanto in tanto mi ritornano in mente alcuni suoi passaggi. Si trattò, a tutti gli effetti, di un’ottima lettura.
Anche per questo “Limonov”, Carrère ha scelto la formula della biografia romanzata. Eduard Limonov è uno scrittore, poeta, politico, attivista russo. Emigrato negli Stati Uniti negli anni settanta è stato un esponente della scena punk Newyorchese, un giornalista reazionario in Francia, un combattente in Serbia e un politico d’opposizione in Russia. Politicamente può essere considerato una sorta di fascio-comunista: ha fondato il partito Nazional-Bloscevico e per via delle sue posizioni estremiste è stato accusato di terrorismo e rinchiuso in galera per un paio di anni. Continua a leggere

Margaret Atwood, L’Ultimo degli Uomini

Margaret Atwood (Autore), R. Belletti (Traduttore), Copertina flessibile: 303 pagine, Editore: TEA (29 ottobre 2009), Collana: Teadue

Per qualche strano motivo in vita mia ho letto pochissimi libri scritti da autrici del gentil sesso (definizione abusata, ma scrivere donne o femmine mi suonava cacofonico). Non ho granché voglia di spiegare questa anomalia, anche perché non credo di avere argomenti sufficientemente validi a mio discapito. Dico soltanto che, generalmente (e colpevolmente), associo la narrativa femminile ai quei generi dai quali mi tengo volentieri a debita distanza: young adult, saghe varie, trilo/quadrilogie assortite, triller piccanti e porno patinati.
E siccome nel 99% delle cose che leggo tengo conto della storia e non chi l’ha scritta (salvo POI appassionarmi a questo o quello scrittore), ecco spiegato in buona sostanza il motivo per cui ho avuto così poco a che fare con signore scrittrici.

Detto questo, vista la mia passione (ossessione?) per i romanzi ad ambientazione pre e post apocalittica, mi sono imbattuto in questo L’Ultimo degli Uomini, della scrittrice canadese Margaret Atwood. Continua a leggere

Giovanni Cocco, La Caduta

Autore scovato per caso su Amazon, Giovanni Cocco ha scritto un romanzo apocalittico, nel vero senso della parola, pur descrivendo eventi presenti e passati, ed accennando soltanto di squincio a un paio scenari ambientati in un futuro che può essere l’oggi. Apocalittico perché il libro delle rivelazioni viene citato e utilizzato quale fonte di ispirazione per questo imponente affresco contemporaneo, dove eventi e cataclismi già avvenuti introducono e caratterizzano quella che sarà/è la fine dei nostri tempi.
Romanzo ricco di personaggi e punti di vista, narrati in prima o in terza persona, sullo sfondo le tragedie planetarie e simboliche che hanno caratterizzato l’inizio di questo ventunesimo secolo: tsunami nell’oceano indiano, primavere arabe, crisi globale, uragano Katrina, naufragio della Costa Concordia, attentati a Londra e strage nell’isola di Utoya, giusto per citarne alcune.
Libro che si legge tutto d’un fiato, senza mai un calo di ritmo, una pausa, una caduta di stile.
Lettura consigliata e autore da tenere sott’occhio.

Aldous Huxley, Mondo Nuovo

Mondo Nuovo / Ritorno al Mondo Nuovo(Mondadori; Collana: Oscar classici moderni)
Haldous Huxley (autore); L. Gigli (Traduttore), L. Bianciardi (Traduttore)

Avete presente il mantra con il quale il premier Enrico Letta cerca di venderci come fenomenale e fantasmagorico il suo primo anno di governo? “Stabilità, stabilità, stabilità…”
Bene, mi è capitato di ascoltare su Radio Rai 3 il programma “Aldous Huxley raccontato da Tommaso Pincio”, basato su un testo che lo scrittore romano aveva già pubblicato sul suo blog e che io avevo già letto. Tuttavia, soltanto dopo averlo ascoltato alla radio sono stato colpito da questa affermazione , riguardante il romanzo Il Mondo Nuovo, scritto nel 1932: “I cittadini sono condizionati geneticamente per occupare serenamente il proprio posto, il governo fornisce loro la droga di cui hanno bisogno, più una quantità considerevole di svaghi e Servizi di Solidarietà che si risolvono in vere e proprie orge. L’unico problema è che in nome dei valori «Comunità, identità, stabilità», la solitudine e il pensiero individuale sono banditi e puniti con l’esilio.“. E qui tralascio le considerazioni politiche del caso…

Ho letto Il Mondo Nuovo (Brave New World) una ventina d’anni fa quando, poco più che maggiorenne (e culturalmente poco attrezzato per affrontare questo tipo di letture), divorai tutta una serie di romanzi distopici, a partire dai più conosciuti Fahrenheit 451 e, soprattutto, proprio quel 1984 di Geoge Orwell che oggi, tra NSA, Facebook, Google, Reality e Smartphone, è citato quale testo profetico del nostro presente.

Se 1984 e Fahrenheit 451 hanno comunque un valore letterario superiore rispetto al Mondo Nuovo (e infatti sono enormemente più conosciuti, letti, studiati), nel romanzo di Huxley troviamo tutta una serie di spunti decisamente originali, soprattutto se si considera il periodo in cui è stato scritto. E poi ha il merito di essere stato pubblicato prima degli altri due, e di aver in un certo senso inaugurato e dato rispettabilità letteraria al romanzo distopico.
Tra i vari temi toccati nel racconto, troviamo quello della selezione e manipolazione genetica, e nel 1932 mancavano ancora una ventina d’anni alla scoperta del DNA. Si parla di droghe, o comunque di psicofarmaci diffusi in modo massiccio e capillare, e utilizzati come panacea di tutti i mali. Si parla di suddivisione della popolazione in caste, con sviluppo piramidale delle stesse, e troviamo in cima alla piramide un numero ristretto di persone ricche, belle, viziate e per le quali tutte le classi inferiori “lavorano”. Ma le classi inferiori non soffrono questa situazione, in quanto la loro inferiorità viene determinata geneticamente, mentre dalla loro vita la sofferenza viene tenuta a debita distanza grazie alla droga, al lavoro leggero, al sesso libero, diffuso, senza limiti e inibizioni, e incoraggiato fin dall’infanzia.

Insomma, senza voler svelare troppo a chi il romanzo non l’ha ancora letto, si tratta di una vera e propria allegoria del nostro presente, il ritratto di una dittatura non violenta e quasi democratica, ma pur sempre totalizzante e estrema. Allegoria scritta, ribadisco, nel 1932.
Bellissimo il finale, nella sua estrema drammaticità.
Se non lo avete ancora letto, fatelo quanto prima. Tornerete qui a ringraziarmi.

John Niven, A volte ritorno

A volte ritorno (Einaudi. Stile libero big) [Formato Kindle]
John Niven (Autore), Marco Rossari (Traduttore)

Il “ritornato” questa volta è niente-po’po’-di-meno-che Gesù Cristo in carne e carisma, nuovamente mandato sulla Terra da un Dio molto umano e poco divino, con la speranza di convincere gli umani a “Fare i bravi”, unico vero comandamento al quale il Padreterno tiene davvero.
Tornato da una vacanza che in paradiso è durata qualche settimana, ma che sulla Terra perdura dal rinascimento, Dio si rende conto che la popolazione terrestre avrebbe bisogno di una bella raddrizzata, e anziché inviare un bel meteorite e rifare tutto daccapo, decide di mandare suo figlio per cercare di migliorare le cose. Memore di quanto gli accadde la prima volta, e quindi un tantino controvoglia, Gesù è costretto ad mettere da parte le suonate di chitarra in compagnia di Jimi Hendrix e le canne rollate con la fantastica erba paradisiaca e a farsi nuovamente uomo tra gli uomini.
Una volta sulla Terra, insieme ad uno scalcinato gruppo apostoli, attraversa gli Stati Uniti per partecipare a un talent show per cantanti…
Romanzo umoristico (ma non troppo) e volutamente dissacrante (ma neanche tanto), questo “A volte ritorno” non è consigliato ai cristiani fondamentalisti, che vengono fatti letteralmente a pezzi nel romanzo di Niven, pur non rinnegando, ed anzi ribadendo, i veri insegnamenti cristiani dell’umiltà e dell’amore fraterno.
Una satira sociale che si legge facilmente, senza impegno, divertente quanto basta anche se non troppo originale.
Non un capolavoro, ma decisamente consigliato.

Vindice Lecis – Golpe

Una piacevole sorpresa. Non conoscevo questo bravo autore, Vindice Lecis, giornalista del gruppo L’Espresso. Ho trovato questo romanzo per caso e l’ho letteralmente divorato.
Romanzo breve, scritto bene, dalla trama veloce e dal tema interessante. Peccato per qualche refuso di troppo che l’editore s’è fatto scappare. La storia è quella del tentato golpe organizzato dal principe Junio Valerio Borghese, golpe messo in atto nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 e poi improvvisamente bloccato grazie a un provvidenziale e misterioso contrordine.
Il romanzo non svela niente di quello che già si sa, e non fornisce teorie o ipotesi nuove, tuttavia di tratta di una facile lettura, vista da sinistra. Se volgiamo l’elemento nuovo è il racconto della vigilanza che l’allora PCI mise in atto, in quanto preventivamente informata, rispetto al probabile colpo di mano.
In mezzo a tutto il resto, una semplice spy story, una storia d’amore e tanti riferimenti storici e giornalistici a un periodo storico dalle tante ombre e dalle poche luci. Lettura consigliatissima, anche sotto l’ombrellone.

Michele Vaccari – L’Onnipotente

Sarà che l’avrò letto senza la necessaria attenzione, ma questo L’Onnipotente di Michele Vaccari mi lascia un po’ con l’amaro in bocca.
Vaccari pare avere una spiccata padronanza della lingua italiana, ma lo stile appare abbastanza pesante e pomposo. Periodi interminabili, spesso senza punteggiatura, con iperboli linguistiche che si aggrovigliano apparentemente senza capo ne coda, salvo poi dover tornare indietro per riprendere il filo del discorso. Oppure  si passa avanti e pazienza se non si è colto il senso.
Alla fine la storia sembra interessante, e personaggi sufficientemente caratterizzati, ma a volte troppo caricaturali, troppo eccessivi.
L’Onnipotente narra le gesta di un potente, figlio di potenti, che ambisce al trono di Pietro, massima aspirazione per chi ha nell’ambizione, nell’attitudine al comando e nella brama di potere la propria ragione d’essere. Diventare Papa per governare le coscienze.
E per far questo mette da parte la sua di coscienza. Cosa che gli viene facile, visto che non ne ha mai avuta una realmente cristiana. Tutto suo padre: politico di razza che persegue il fine e si sbarazza dei mezzi.
Provate a leggerlo, ma con attenzione.

Il Funerale

stella cadenteIl corteo funebre si dipanò per le vie del villaggio, con al seguito i pochi coloni rimasti. Un misero assembramento di vecchi testardi, accompagnati dai propri figli e con i nipoti condotti per mano.
Era giunto il momento di salutarne un altro. In quell’anno la comunità registrò una manciata di dipartite e, fortunatamente, qualche nuova nascita. La situazione era stabile. Le provviste erano sufficienti, e le colture sembravano reggere alle avversità.
Avevano bisogno d’aiuto, di un sostegno. Ma la terra d’origine aveva perso interesse nei loro confronti, e quei pochi coloni dovevano fare affidamento esclusivamente sulle loro forze. Ce la mettevano davvero tutta, ed era già un miracolo se una terza generazione era riuscita a vedere la luce tra quelle lande desolate.
Primo, di nome e di fatto, in quanto primo a posare piede da quelle parti, aveva scelto di andarsene da sveglio. Il male era giunto ormai a uno stadio terminale, gli mancava qualche settimana da vivere, forse qualche giorno, ma non voleva starsene fermo ad aspettare la morte. Le sarebbe andato incontro. I medicinali facevano il loro dovere. Non sentiva dolore. La sua mente era lucida.
Si fece rinchiudere dentro un sarcofago con oblò. Voleva assistere alla sua dipartita. Voleva guardare la morte in faccia, affrontare le fiamme senza paura. Voleva ritornare cenere. Voleva tornare a casa.
Imbarcarono il feretro nel vascello, e lui li vide piangere e salutarlo, in quel funerale senza religione e senza Dio.
La bara penetrò l’orbita terrestre pochi giorni dopo. Venne ridestato dal sonno indotto artificialmente. Vide il mare, le nuvole e la terra ferma. La temperatura salì vertiginosamente, ma non poteva sentire dolore. Mancò l’aria, le lacrime evaporarono e l’ultima cosa che vide fu la luce intensa delle fiamme. In quella discesa luminosa divenne cenere, e come cenere tornò a casa.

Il bambino vide la stella cadente attraversare il cielo, illuminandolo. Espresse un desiderio. Sarebbe voluto diventare un’astronauta. Volare nello spazio fin sulla Luna.
Lì avrebbe trovato qualcuno ad aspettarlo.

Tullio Avoledo – L’Ultimo Giorno Felice

Opera minore di Tullio Avoledo, L’Ultimo Giorno Felice è un breve romanzo noir incentrato sulle vicende di un tipico personaggio “avolediano”.
In questa storia Avoledo mette da parte la fantascienza per concentrarsi su un tema ecologico dalla scottante attualità: quello delle ecomafie.
Il protagonista è il solito piccolo borghese che attratto da facili guadagni mette da parte la propria coscienza “di sinistra”. Ma le conseguenze dei suoi gesti avranno un risvolto estremo e drammatico.
Come in tutti i romanzi di Avoledo è presente il tema del tradimento coniugale, anche questa volta consumato non per disinteresse nei confronti della moglie, seppur l’autore tenda a dare questa giustificazione, ma per dar sfogo ad una palese voglia di rincorrere una giovinezza ormai perduta.
Altre figure tipiche sono quelle del “Guru” anziano, in questo caso sdoppiato tra la figura del padre e dello zio, e del cattivo di turno, prima affascinante e poi senza scrupoli.
Con Avoledo si ha l’impressione di leggere sempre lo stesso romanzo. Ma questo non è necessariamente un problema, anzi: si tratta pur sempre di un’ottima lettura.