Argomenti di cui scrivere ce ne sarebbero parecchi: l’esultanza volgare di qualche giocatore interista, l’oblio mediatico sui fatti di calciopoli 2, il tifoso Guido Rossi in tribuna a Madrid, un commosso Abete (segretario FIGC) che abbraccia Moratti, il litigio degenerato in omicidio tra un tifoso interista e uno juventino.
Ciò che invece da qualche tempo occupa costantemente i miei pensieri, e di cui ho una gran voglia di scrivere, ha a che fare con uno spiacevole parallelismo: la Juve sta rivivendo il decennio senza gloria 1986/1995. Periodo infausto nel quale vincemmo un paio di coppe uefa, una coppa italia, in mezzo a una serie infinita di terzi e quarti posti.
Certo, la genesi di quel periodo di magra fu totalmente diversa da quella attuale. Allora un folto gruppo di campioni aveva raggiunto i propri limiti fisici, mentre gli avversari potevano disporre di giocatori maturi e determinanti (il Napoli dei Maradona, Careca, Giordano, De Napoli, Carnevale e la Sampdoria dei Vialli, Mancini, Cerezo, Vierkowood), o di un nuovo modo di intendere il calcio (il Milan dei miliari a profusione versati da Berlusconi). Ci si doveva misurare con compagini fortissime che, scudetto dei rekord a parte, hanno poi raccolto molto poco (l’inter di Zenga, Bergomi, Brehme, Matthaus, Diaz, Serena, Berti…).
La Juve in quegli anni sembrava non azzeccarne una. Si passava dagli stranieri “esotici” Zavarov e Aleinikov, ai mezzi bidoni alla Ruy Barros, Ian Rush, Moeller, alle eterne promesse alla Michael Laudrup. Ci si svenava per comprare campioni “problematici” quali il primo Baggio, Di Canio, Schillaci, per poi svenderli o non dargli adeguato supporto. Si imbastivano rivoluzioni assurde come la Juve di Montezemolo e Maifredi, con i suoi 70 miliardi spesi per la campagna acquisti: oggi fanno ridere, ma allora fu un rekord. Si mandavano via allenatori come Zoff, che portarono nuovamente la Juve alla vittoria (una coppa Uefa e una coppa Italia vinte nello stesso anno), senza dargli il tempo di costruire qualcosa di concreto.
Bene, ora facciamo un gioco: prediamo le ultime frasi da me scritte e attualizziamole.
Ieri i miliardi a profusione li versava Berlusconi, oggi Moratti fa lo stesso, anche se un po’ a casaccio: spende di più e compra un po’ a naso. Certo è che dopo una quindicina d’anni (ed aver speso quanto il pil di un piccolo stato) gli sono rimasti dei giocatori veramente forti.
Allora, in quel famoso decennio, riuscimmo a trovare in Zoff un allenatore valido, motivato e che riusciva a far rendere al massimo con il poco che gli veniva messo a disposizione (gente buona alla Marocchi, De Agostini – forse il miglior giocatore di quegli anni -, Galia, Bruno, ma nessun vero campione), per poi mandarlo via e rischiare il tutto e per tutto con Maifredi, dopo aver speso decine di miliardi per rafforzare la squadra. In pratica la stessa cosa che è stata fatta con Ranieri, Ferrara, Felipe Melo e Diego. L’unica differenza è che dopo Maifredi arrivarono Trapattoni e Vialli, e lentamente, dopo tre anni, iniziammo nuovamente a vincere. Oggi è arrivato Del Neri, e di grandi campioni in arrivo non c’è nemmeno l’ombra. Allora si spendevano miliardi per giocatori sbagliati, per autentiche scommesse: ieri Zavarov, oggi Tiago; ieri Ruy Barros, oggi Diego; ieri Aleinikov, oggi Felipe Melo.
Allora ci vollero quasi dieci anni per tornare a vincere trofei importanti. Qualcosa in meno per vincere trofei minori. Oggi i trofei minori li prendono gli altri, e quelli importanti li guardiamo da lontano, senza prospettive.
Ci vorrebbe un miracolo.