Dopo aver letto La Strada ed esserne rimasto allo stesso tempo impressionato e affascinato, ho deciso di affrontare la lettura dell’altro romanzo “famoso” di McCarthy, questo Non è un paese per vecchi dal quale è stato tratto l’omonimo film capolavoro dei Fratelli Cohen.
E non ne sono rimasto deluso, tutt’altro.
Si tratta anche in questo caso di un romanzo bellissimo e coinvolgente, tanto che i fratelli Cohen hanno pensato bene di non stravolgerne dialoghi, trama e atmosfere.
Bellissimi i capitoli nei quali lo sceriffo Ben espone i propri ricordi e le proprie riflessioni in prima persona. Parole semplici, vere e autentiche. Nessun autocompiacimento, nessun virtuosismo verbale.
I romanzi di Cormac McCarthy dovrebbero essere letti a scuola. Si dovrebbe dire agli alunni: “Se da grande vorrai fare lo scrittore, impara a scrivere in questo modo”.
Mai banale o prolisso. Semplice, diretto e commuovente.
Altro capolavoro, punto e basta.
Tommaso Pincio – Cinacittà
Per la prima volta vengo colto dal “blocco del recensore”. Arrivato all’ultima pagina di Cinacittà mi trovo nella sgradevole situazione di non riuscire a capire se ho avuto ad che fare con una buona lettura o con qualcosa di facilmente dimenticabile.
Ci ho messo un po’ di tempo prima di decidermi ad acquistare questo libro. La storia mi sembrava poco interessante. Mi importa poco della Roma del prossimo futuro, riarsa da un sole infuocato e invasa dai cinesi. Non amo le storie che parlano di omicidi passionali. E se vogliamo dirla tutta, anche il titolo non mi piaceva per niente.
L’unico motivo per cui mi sono deciso a leggere l’ultima fatica di Tommaso Pincio è che, appunto, è di Tommaso Pincio, l’autore di uno dei pochi capolavori che la narrativa italiana sia riuscita a produrre in questo inizio di secolo, il bellissimo Un amore dell’altro mondo.
Con Cinacittà siamo sui livelli di La ragazza che non era lei, quest’ultimo forse un tantino più originale.
Ciò che più mi piace di Tommaso Pincio è il suo stile di scrittura: semplice, lineare, poco auto celebrativo, ironico. Sembra di leggere Kurt Vonneghut, più che Thomas Pynchon.
E’ facile intuire che molte pagine del libro hanno un’origine autobiografica. Se così fosse, la biografia di Pincio e simile a quella di molti giovani italiani: intellettualmente dotati ma privi di stimoli. Sognatori ai margini di una società dove altre qualità rendono una persona interessante: l’aspetto fisico, la ricchezza, il carisma, la popolarità.
Tommaso Pincio è riuscito a emergere, a venirne fuori. Ma quanti sono, quanti siamo, quelli rassegnati, quelli che non ce l’hanno fatta?
Un po’ di stanchezza
Improvvisamente ho smesso di pubblicare notizie su questo blog. Dall’oggi al domani. Cos’è successo? Niente di particolare, semplicemente il mondo della telefonia cellulare sta iniziando a stancarmi. I telefoni cellulari sono sempre più sofisticati, con sensori fotografici da 12 Mpx, sistemi operativi evoluti e interfacce tattili al contempo semplici e veloci. La memoria a disposizione è diventata perfino esagerata, tanto da poter contenere più file mp3 di quanti riusciremo mai ad ascoltare. Gli schermi, LCD, OLED o AMOLED, hanno raggiunto livelli di definizione, contrasto e luminosità da far invidia a quelli dei computer portatili. Si stanno affacciando all’orizzonte i primi cellulari con proiettore incorporato. Rimane da migliorare qualcosa sul fronte della durata delle batterie, ma anche qui ci si sta muovendo verso autonomie sempre più nell’ordine di settimane, anziché giorni.
E di tutto questo ben di Dio comincio ad averne le scatole piene. Se prima parlare di cellulari era una passione e un divertimento, con la prospettiva di cambiare spesso modello per rimanere tecnologicamente aggiornati, ora la cosa è diventata dispendiosa. In poche parole, come un appassionato d’automobili trova ragione del proprio interesse nel cambiare spesso modello d’auto, un appassionato di telefoni cellulari non può fare a meno di cambiarne come minimo un paio all’anno. Questa cosa qua, economicamente, non posso più permettermela. E siccome non parlo di cellulari per lavoro, mi vengono a mancare gli stimoli per continuare a seguire questo blog. Stimoli che in futuro potrebbero tornare, quando potrò permettermi nuovamente di giocare con l’ultimo modello dalle caratteristiche fantascientifiche.
Detto questo, il blog non chiude. Rimane aperto e chissà che ogni tanto non mi venga voglia di scriverci qualcosa.
Philip Roth – Complotto contro l’America
Nella mia personale classifica, l’ucronia più bella l’ha descritta Philip K. Dick con il romanzo The Man In The Hight Castle (tradotto in Italia con i titoli “La svastica sul sole” e “L’uomo nell’alto castello”). Non ho dati certi alla mano, ma ho la sensazione che si tratti dell’ucronia più letta in assoluto, o forse della più famosa. Faccio pertanto un po’ di fatica a riuscire a rintracciare qualcosa che possa raggiungere i livelli artistici dell’unico romanzo di Philip Dick premiato con un riconoscimento importante (il premio Hugo nel 1963).
Dopo aver letto Complotto contro l’America di Philip Roth, ho forse scovato anche il secondo più bel romanzo ucronico della classifica. Forse a pari merito con Fatherland di Robert Harris (ma l’ho letto troppo tempo fa per poter fare un paragone). E ora che ci penso anche La macchina della realtà di William Gibson e Bruce Sterling non era male. Meglio lasciar perdere la classifica, ho l’impressione che se ci penso ancora un po’ potrebbero venirmi in mente altri romanzi ucronici che meritano il podio.
Dopo l’entrata in guerra di Francia e Inghilterra contro la Germania Nazista, negli Stati Uniti d’America la popolazione si divide tra interventisti e neutralisti. Il presidente Franklin Delano Roosevelt, pur condannando l’aggressività tedesca, temporeggia. Ne approfitta un personaggio a quei tempi all’apice del successo: il celebre aviatore Charles Lindbergh, il primo ad effettuare la trasvolata atlantica in solitario sul monoplano Spirit of St. Luis. Si da il caso che Lindbergh sia anche un simpatizzante Hitleriano (dal quale riceverà un’onorificenza) e nutra sentimenti antisemiti. Il corso della storia cambierà quando Lindbergh deciderà di sfidare Roosevelt alla elezioni presidenziali.
Phlip Roth, scrittore ebreo vincitore del premio Pulitzer con il romanzo Pastorale Americana, mischia sapientemente elementi autobiografici con personaggi, anche minori, realmente esistiti, catapultati in una realtà alternativa più che plausibile. A volte i personaggi del racconto appaiono caricaturali, forse anche volutamente, mentre un sottile (molto sottile) umorismo permea le pagine del libro. Alcuni momenti drammatici fanno fatica ad impressionare il lettore, ma ciò penso sia voluto, considerata la narrazione in prima persona delle gesta e dei ricordi di bambino delle elementari. Un’ottima lettura, che pur trattando personaggi e temi complessi può essere affrontata in spiaggia sotto l’ombrellone.
Cosa si vuole di più dalla vita?
Marco Travaglio, Peter Gomez, Marco Lillo – Papi – Uno scandalo politico
Purtroppo anche questo libro servirà soltanto ad alimentare le ragioni di chi già non vota per il regime in carica.
In un paese normale un’inchiesta del genere, suffragata da prove documentali, intercettazioni e atti processuali, avrebbe spostato l’ago della bilancia elettorale. In Italia no. In Italia libri come Papi servono a ingrossare il fegato di chi già sa con chi abbiamo a che fare, di chi è già disgustato dal malcostume degli uomini di potere italiani. E dalla altrettanto disgustosa rassegnazione, dalla connivente accettazione che dimostrano le donne italiane. Papi rivela cose che già si sanno, ma che molti ignorano. Deliberatamente. Perché è vero che in Italia tutti guardano una televisione di parte, censurata e autocensurata. E’ vero che in Italia in pochi leggono i giornali, ancor meno i libri d’inchiesta. Però è anche vero che in Italia la morale comune, fiaccata da anni di imbarbarimento mediatico, culturale e politico, chiude entrambi gli occhi di fronte a una serie di comportamenti che il 50% della popolazione equipara a semplici peccati veniali. Viviamo in un paese dove le donne non solo evitano di indignarsi, ma anzi giustificano chi “è costretto” a resistere e poi a “cedere” alle tante adoranti ragazzine impertinenti… I virgolettati provengono a discorsi reali, ai quali ho assistito senza avere la forza di replicare. Discorsi fatti da persone, da donne, che pur di giustificare un minimo di tornaconto elettorale accettano pacificamente di votare per quell’”utilizzatore finale” che può disporre in “grandi quantità” dei loro corpi, trattati come vuoti supporti per gli orifizi destinati al piacere del capo.
Carmine Fotia – La Rovina Romana
Questo breve romanzo di Carmine Fotia (220 pagine di piccolo formato) dipinge un affresco abbastanza plausibile di quello che potrà accadere in Italia tra qualche anno, alla vigilia delle prossime elezioni politiche e in concomitanza con la scadenza del mandato per il presidente Napolitano. L’azione si svolge a Roma e i protagonisti sono i principali attori della scena politica contemporanea. Per evitare grane, l’autore non cita i personaggi per nome. Lo stratagemma utilizzato è quello solito che consiste nell’affibbiare al personaggio di turno un soprannome o un titolo che, in abbinamento a qualche cenno biografico, ne facilitino l’identificazione. Dal punto di vista stilistico il racconto risulta abbastanza anonimo, ma non è la consacrazione artistica ciò che l’autore persegue. L’obiettivo è quello di imbastire una speculazione politico sociale abbastanza plausibile, anche se (SPOILER) mi risulta difficile accettare l’idea della nascita di un nuovo partito di estrema destra con conseguente vasto seguito popolare (FINE SPOILER). Altra obiezione: la strumentalizzazione e l’amplificazione mediatica della paura, così come è stato fatto durante le ultime elezioni politiche e durante la campagna per l’elezione del sindaco di Roma, difficilmente verranno riproposte in futuro. Sarebbe come ammettere che il voto dato alla destra non abbia contribuito sufficientemente alla risoluzione il problema.
Fatte salve le obiezioni di cui sopra, anch’io ho maturato la convinzione che in Italia stiamo seriamente correndo il rischio di assistere ad un qualche tipo di deriva autoritaria. I segni ci sono tutti, e prima o poi, come sostiene l’autore, si realizzerà l’instaurazione di una sorta di “regime democratico”. I passi da compiere andranno dall’inasprimento delle pene per i reati violenti ai condoni a pioggia a vantaggio dei propri elettori; proseguendo con depenalizzazioni e/o sanatorie per i reati amministrativi e tributari. Salteranno fuori diversi “Casus Belli” relativi a scandali più o meno gravi che coinvolgeranno autorevoli esponenti dell’opposizione. In alcuni casi di tratterà di meschine strumentalizzazioni, in altri le circostanze verranno costruite artificiosamente con conseguente eco mediatica degli organi di informazione controllati dal Capo. Verranno depenalizzate truffe e bancarotte, crescerà il potere dei servizi segreti e ampi settori della criminalità organizzata opererà in combutta con apparati dello stato.
Fino alla proclamazione dell’uomo forte. A quel punto l’opera sarà compiuta. Non si parlerà di dittatura perché rimarranno in circolazione alcuni giornali ostili a regime, i partiti di opposizione se ne staranno al loro posto a leccarsi le ferite, la libertà di pensiero e di voto continuerà ad essere garantita dalla costituzione così come l’impunità per i soggetti organici alla maggioranza che governerà il paese. E le cose per gli oppositori del regime si faranno sempre più difficili …
Spero davvero che a quel punto ci rimanga la possibilità di abbandonare questo paese e ricominciare da capo su altre sponde, dove la democrazia è un bene consolidato, a uso e consumo della collettività. E non uno strumento in mano a chi ha il potere di metterla da parte ogni qualvolta senta la necessità di consolidare la propria leadership.
Massimo Carlotto – Il fuggiasco
Un bella lettura, non c’è che dire. Dopo aver visto il film, qualche anno fa, mi ero riproposto di acquistare anche il romanzo omonimo dal quale è stato tratto Il fuggiasco. Non si tratta di un’opera di fiction ma del racconto, più o meno romanzato, della latitanza di Massimo Carlotto, oggi apprezzato scrittore e in passato protagonista in passato di uno dei più controversi casi giudiziari nella storia della repubblica. Le pagine, scritte bene e con uno stile facile e veloce, in alcuni punti assomiglia più a un manuale per giovani latitanti, e la cosa forse è anche voluta. Traspare lungo tutta la narrazione un leggero umorismo, in parte auto ironico e in parte cinico.
Volendo trovare un difetto sembra che a volte lo spessore drammatico della vicenda non riesca ad emergere completamente. Ma questa è una caratteristica della prosa di Massimo Carlotto, decisamente orientata verso uno spietato cinismo e lontana da facili autocompiacimenti letterali.
I giochi della PlayStation sul Sony-Ericsson Satio?
Questa notizia sa di bufala. Lasciata da alcuni portati con titoli enfatici e abbondanza di punti esclamativi, nella migliore delle ipotesi si tratta del solito sfruttamento di un marchio consolidato (per vendere poi qualcosa di totalmente diverso). Il Sony Ericsson Satio, dotato di acceleratore grafico 3D, punterà sicuramente sui videogames, ma dubito che saranno quelli della PlayStation. Per non parlare della nuova carta r4 per ds ultima diaboleria per permettere di cumulare giochi e boicottare coloro che li vendono, altro elemento in forte contrasto con la Playstation.
I motivi sono semplici. Tralasciando il fatto che i giochi per PS vengono distribuiti su supporti UMD (a parte quelli pirata), l’hardware del Satio è completamente diverso: video con risoluzione differente; controlli non presenti sul cellulare (come si potrebbero configurare i tanti pulsanti della PS); processore e componentistica interna diversi…
Insomma, basta dire più semplicemente (e onestamente) che il Satio potrà contare su alcuni adattamenti dei giochi per la PlayStation, e che se un domani verrà commercializzato un prodotto convergente si tratterà di qualcosa di completamente nuovo.
Carlo Lucarelli – Storie di bande criminali, di mafie e di persone oneste. Dai «Misteri d'Italia» di «Blu notte»
Avendo letto gli altri due libri della serie dedicata ai misteri d’Italia, trasposizione su carta del programma Blu Notte condotto su Rai 3 da Lucarelli, ho voluto completare la trilogia con questo terzo e al momento ultimo capitolo.
Le vicende narrate spaziano dalla quelle della malavita sarda alle imprese della banda della Magliana, dalla mafia trapanese alle ‘ndrine calabresi. La trasposizione è filologica, senza approfondimenti o digressioni, e chi ha visto tutte le puntate del programma televisivo difficilmente potrà trovare interessante la lettura delle stesse. Devo dire che la linea adottata da Lucarelli è la solita, ossia quella della prudenza. Non ci sono scoop, rivelazioni inedite, ipotesi. Ma Lucarelli l’ha sempre detto. Il suo intento non è quello di scoprire qualcosa di nuovo su vicende note, ma soltanto renderle fruibili al grande pubblico. E in questo si può dire che il suo intento è pienamente riuscito.