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Quando Moratti vede “cose strane”

Provate a fare una ricerca su google. Massimo Moratti ha fatto riferimento decine di volte al fatto che, secondo lui, nel campionato di calcio “accadono cose strane”. Il che è anche vero. Ieri ad esempio Cambiasso si è beccato una sola giornata per un fallo indecente su Giovinco. È vero che si è scusato, ma questo è il minimo. Quel fallo, del tutto immotivato, meritava parecchie giornate di squalifica.
Invece di giornate di squalifica ne ha presa una soltanto. Questa è una cosa veramente strana.
Sono sicuro che dietro non ci sia nessun tipo di complotto, ma soltanto il solito buonismo verso l’Inter. Per dirla con quello che è ormai diventato un luogo comune, se il fallo l’avesse commesso un calciatore della Juve, la stampa sarebbe insorta e le grida invocanti giustizia si sarebbero sentite per l’intero globo terraqueo. E la squalifica, tanto per cambiare, sarebbe stata esemplare.
All’andata, pur vincendo a Torino, Moratti ebbe modo di lamentarsi, facendo riferimento alle solite “cose strane” riguardo la mancata espulsione di Lichsteiner, già ammonito, per un fallo commesso sul finire del primo tempo. Ci pensò Conte, senza fare troppo rumore, a “squalificare” lo svizzero relegandolo in panchina per qualche partita. Chissà perché questa volta non parla di “cose strane”.
Ma noi Juventini ci siamo abituati. Queste cose sono sempre successe e sempre accadranno. E poi qualche volta è perfino piacevole avere a che fare con la frustrazione altrui.

Facchetti: gli sciacalli della memoria

Giacinto FacchettiSciacallaggio al contrario, o di riflesso. Ecco di cosa si tratta. Mettendo un attimo da parte le esternazioni quotidiane di Gianfelice Facchetti, che in quanto figlio del compianto Giacinto gli si può perdonare la mancanza di senso della misura (sarebbe utile capire chi sono i “quattro barboni” che attaccano il ricordo del padre), ritengo vergognose e immorali le esternazioni quotidiane in difesa della memoria del celebre presidente dell’Inter, scomparso poco dopo i fatti di Calciopoli.
Tutti pronti a gridare “Giù le mani da Facchetti”. Tutti pronti a sparare raffiche di “sciacalli” al vento. Ma i veri sciacalli sono loro. Nessuno, NESSUNO, di quelli che in questi giorni stanno esaminando e commentando le intercettazioni telefoniche scovate dalla difesa di Moggi (buona parte delle quali vedono proprio Facchetti quale interlocutore di designatori vari), si è mai sognato di dire che Facchetti era un farabutto, o un poco di buono, o un disonesto, per chiamare le cose con il proprio nome.
Tutti, da Moggi all’ultimo dei tifosi Juventini, sono concordi nel dire che Facchetti era un galantuomo. E’ la premessa standard di qualsiasi discorso che abbia a che fare con i fatti di Calciopoli 2. Oltre che una verità storica è diventato quasi un luogo comune. Facchetti era un galantuomo. Siamo tutti d’accordo. Punto. Che bisogno c’è di difenderne la memoria a spada tratta o di cecchinare in continuazione qualsiasi commentatore si permetta soltanto di pronunciare il suo nome?
E’ una forma di difesa isterica, diciamolo, una coda tra le gambe che non riesce a rimanere ferma.
Un muro dietro il quale nascondersi.
E questo è vero sciacallaggio. Difendetevi con argomenti validi, non nascondendovi dietro una bara. Lasciate in pace i defunti, nessuno li accusa. Cercate di difendere, se ci riuscite, le vostre azioni e le vostre responsabilità. Il vostro definirvi paladini degli onesti.
Il Re è nudo. E vivo. Difendete quello.